Una Foto, Una Storia IV – L’occhio della Balena

Le balene sono animali che vivono nella vastità, con una storia evolutiva che risale a cinquanta milioni di anni fa. Non solo oggi sono gli animali più grandi sulla faccia del pianeta, presenti in tutti gli oceani principali, ma alcune specie di cetacei si spostano ogni anno fra i Tropici e Poli, mentre altri ancora si parlano a migliaia di chilometri di distanza; le voci delle megattere sfiorano i paesaggi sonori sottomarini, descrivendo curve nel buio per trasmettersi ad altre balene lontane, che non incontreranno mai. 

Da quando esistono gli esseri umani, la balena è considerato un animale portentoso, che legittima una pausa per meravigliarsi; la sua comparsa e la sua scomparsa sono memorabili per chi ha la fortuna di assistervi.

Ho cercato di capirne il motivo, ci ho ragionato un po’ su e sono giunto alla conclusione che uno dei motivi per cui ci interessano così tanto le balene, è la distanza che abbiamo dall’Oceano: il rispetto timoroso per un ecosistema con cui non siamo connessi, il simbolo di una sacca di pura natura che non siamo ancora riusciti a corrompere, come già abbiamo fatto con altre aree del nostro Pianeta.

Fatte queste premesse non è difficile capire perché il sogno proibito di qualsiasi subacqueo è quello di nuotare con le balene, di condividere uno spazio acquatico con loro, di incontrare il loro sguardo nel blu dell’Oceano e, proprio perché se dobbiamo sognare è meglio farlo in grande, di scattare qualche foto da guardare e riguardare per anni…

Purtroppo, non sono molti i posti nel mondo dove questo è possibile. E’ necessario volare al di là del mondo, altro emisfero e altre latitudini, altre stelle in cielo a guidare le rotte dei naviganti. 

Ed è così che mi trovo in mezzo all’Oceano Pacifico, al largo dell’isola di Moorea, in Polinesia Francese. Questo è uno degli Oceani dove si possono incontrare le megattere, forse le più iconiche fra le balene, universalmente note per il loro canto, inciso su dischi, utilizzato come elemento di meditazione e inserito perfino nel disco d’oro installato a bordo della navicella Voyager I, lanciata nel 1977 e ora alla deriva al di là dell’elioguaina del Sistema Solare, più lontana di qualsiasi oggetto artificiale che gli esseri umani abbiano mai espulso dalla faccia del Pianeta.

In queste acque le megattere arrivano dall’Oceano Antartico, dopo un viaggio di migliaia di chilometri, per partorire e allevare il loro piccolo in un ambiente ricco di nutrimento e lontano da predatori oceanici come orche e squali bianchi giganti. Ed è proprio in queste acque che, con un po’ di fortuna, è possibile immergersi e nuotare con loro.

Si sale su piccole imbarcazioni al mattino presto e si guadagna rapidamente il largo. Il pilota e la guida scrutano l’orizzonte in tutte le direzioni alla ricerca del piccolo spruzzo che indica l’emersione della megattera. A questo punto la barca si dirige rapidamente verso lo spruzzo e si ferma a non meno di 100 metri dalla balena, per non disturbarla.

Quindi si scende velocemente e silenziosamente nel blu immenso, come farebbe un incursore della Marina e si inizia a nuotare.

Ed è questo il momento in cui pensi: “ommadonna… sono in oceano aperto, la terra è lontana, le cime verdi delle palme si vedono appena sopra il pelo dell’acqua”. 

Sotto me solo il blu profondo che assorbe la luce e che diventa abisso. 

La macchina fotografica scafandrata pesa come un copertone di trattore e io pinneggio in superficie con maschera e boccaglio. 

Non si usano le bombole per queste foto, si fa tutto in apnea perché le bolle dell’erogatore potrebbero disturbare i cetacei. 

Arrivo dove dovrebbero essere le balene e non c’è più nulla… allora ritorno sulla barca, imprecando fra i denti come solo un vecchio romagnolo è in grado di fare. Questo per 3-4 volte. Alla quinta volta salto in acqua un pò demoralizzato ma nuoto lo stesso come se la mia vita dipendesse da quanto veloce riesco ad andare. Arrivo dove la balena soffiava ma nulla. Poi guardo verso il blu profondo che sprofonda sotto di me. Vedo, o credo di vedere, qualcosa. Un’ombra lontana e indistinta che si materializza sempre di più ad ogni battito del mio cuore, che va come ad un assolo di batteria dei Deep Purple, in parte per lo sforzo fisico in parte per l’emozione. Ad un certo punto finiscono i dubbi. Vedo pinne, vedo bocche, vedo occhi. Vedo 3 megattere, due adulti e un cucciolo, che salgono diritte verso di me; per un attimo, un lunghissimo attimo, ho paura che mi travolgano con i loro 18 metri di lunghezza e le loro 40 tonnellate di peso, portate con eleganza innaturale. Mentre scatto, sperando che il settaggio della macchina a lungo studiato sia quello giusto, la megattera grande ruota l’occhio verso di me. 

Non è l’occhio sbarrato di un pesce, un occhio evanescente in cui sembra di scorgere la base argentata dietro. L’occhio della balena non ha nessuna rassomiglianza con l’occhio nero brillante di un uccello o l’occhio conico e scattoso di uno squalo; sembra un occhio umano gigantesco anche se l’emozione che veicola non riuscirei a descriverla a parole. Nel senso più essenziale, l’occhio della megattera sembra umano perchè ha un’iride e una pupilla e il bianco della cornea che le circonda quando lo spalanca. 

Pur avendo le palpebre, la balena non aveva battuto ciglio per tutto il tempo.

Mi guarda con una vigilanza che assomiglia alla nostra: meditabonda, indagatrice, consapevole. Vuole essere sicura che io non rappresenti un pericolo per il piccolo che si porta sulla schiena per insegnargli a immergersi ed emergere, le basi di sopravvivenza per qualsiasi cetaceo. A questo punto sfilano via, lontane, verso l’Oceano Pacifico, il più grande di tutti. 

Una volta tornato, ci ho messo un’ora a decidermi di guardare le foto, avevo paura che fossero mosse, mal composte, poco definite, insomma sbagliate. 

Il passaggio delle megattere è durato 20-30 secondi. In tutto ho scattato 16 foto, 3-4 talmente belle da valere il ricordo per una vita…

3 Comments

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  1. Meraviglioso, tutto. Lo scritto, la fotografia e l’emozione che raccontano.
    La mia esperienza più bella in mare è stata nuotare coi delfini in un piccolo atollo del Mar Rosso, anche lì solo pinne e maschera. Il sogno, ancora irrealizzato, è nuotare con uno squalo balena.

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    • Fantastico, ci sentiamo una volta all’anno, più o meno sempre in questo periodo! Stai bene?
      Io a Marzo ho nella mia wish list squalo tigre, squalo balena e manta oceanica… se bisogna sognare, tanto vale farlo in grande….

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      • Sto bene, spero anche tu, e a leggere mi pare di sì!
        Quest’anno ho a piano di tornare in Africa, delta dell’Okavango.
        Se ne parlava giusto stasera, stiamo buttando giù un piano ma già non vedo l’ora. Molti dei soggetti che da piccola mi incantavo a guardare sfogliando l’enciclopedia degli animali.
        Anche questo per me è un gran bel sogno,

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